Scommetto che anche voi come me avete sempre sognato una meta al caldo per spezzare i lunghi mesi invernali. Avete però sempre associato le vacanze al caldo in inverno con l’immagine del resort all-inclusive e decisamente non siete tipi da villaggio vacanza.
Questo articolo è per voi: si parla di un’isola tropicale da sogno, ideale per una fuga dall’inverno, e di una struttura ricettiva lontana anni luce dai grandi resort.

La spiaggia di fronte al Mangrove Lodge, nei pressi del villaggio zanzibarino di Chuini, con le mangrovie da cui prende il nome la struttura.
Quello che non ho fatto a Zanzibar
Spoiler per non creare false aspettative: quello di cui sto per parlarvi non è un viaggio in tenda né in autostop, né Viaggi Avventure nel Mondo né più in generale nulla di particolarmente estremo e/o scomodo. Anzi.
Ho fatto un viaggio molto tranquillo, per i miei standard potrei definirlo quasi di lusso e relax, ma anche con una buona dose di esplorazione tenuto conto dei giorni che avevo a disposizione (pochi, pochissimi, sigh!), soggiornando in una bellissima struttura locale sulla costa ovest, immersa nella natura rigogliosa di Zanzibar.
Sono stati sei giorni all’insegna del relax, di cibo e persone meravigliose, gite in luoghi magnifici, oltre che di serate passate a chiacchierare con gli altri viaggiatori e con Marina e Haji, i proprietari del lodge dove ho soggiornato, sempre disponibili a raccontarci della loro vita a Zanzibar e di tutto quello che riguarda l’isola e i suoi abitanti. E poi tanto relax, ho già menzionato il relax a Zanzibar, vero?

La vista dall’area relax del Mangrove Lodge, che mi ha ospitato durante le mie vacanze al caldo in inverno a Zanzibar.
Prima della partenza: come mi preparo al viaggio (non solo a Zanzibar).
Sono arrivata a Zanzibar senza grandi idee di cosa mi aspettasse. Da qualche anno ho iniziato ad approcciarmi al viaggio in modo un po’ differente, soprattutto se è breve e vuole essere, come in questo caso, una piccola parentesi per staccare, più che un vero e proprio viaggio esplorativo.
Normalmente per questi ultimi mi preparo prima, leggo, pianifico, decido cosa voglio vedere e quando, gli spostamenti interni, a volte anche le strutture dove dormirò. Per lo meno creo un itinerario di massima, anche se mai troppo rigido o dettagliato.
Ultimamente invece mi è capitato spesso di potermi appoggiare ad altri che organizzassero per me (come in Islanda, grazie Davide!), oppure decidere che non era il caso di organizzare granché.
Prima della partenza per Zanzibar ho quindi acquistato soltanto il volo e la struttura dove dormire e sono arrivata in aeroporto sapendo poco o nulla della storia, della cultura e anche delle cose da fare a Zanzibar. Per tradizione leggo sempre la guida sull’aereo dell’andata, per avere un’infarinatura. Prima di partire mi informo giusto delle vaccinazioni da fare in caso, dei medicinali da portare e di tutte quelle cose che comunque devi sapere prima per preparare lo zaino. Per Zanzibar nessuna vaccinazione è obbligatoria, nemmeno la profilassi antimalarica: è sufficiente portare con sé qualche medicinale di base (antipiretici, antidiarroici, ecc), una valida protezione solare e un buon repellente contro le zanzare.
Sapendo inoltre che Zanzibar è un paese islamico moderato, mi ero informata sulle condotte da tenere e l’abbigliamento più consono, memore di un’esperienza abbastanza imbarazzante di qualche anno fa in un bazaar di Lankaran, nel sud dell’Azerbaijan: non mi ero mai sentita così a disagio per essere in pantaloncini corti e canottiera, non tanto per gli sguardi degli uomini, ma per le occhiate di sdegno e riprovazione delle donne. Mai più. Anche a Zanzibar, al di fuori delle strutture ricettive dove non ci sono particolari restrizioni, è meglio indossare gonne o pantaloni lunghi e magliette non troppo scollate che coprano le spalle.
Comunque, aldilà delle informazioni pratiche minime, ho scoperto che se atterro senza troppe aspettative e idee in testa sono molto più ricettiva e mi sorprende molto di più quello che incontro. Con Zanzibar è stato proprio così.

Durante il tour delle spezie, vestita rigorosamente con spalle e gambe coperte. Zanzibar è un paese musulmano, seppur moderato, un abbigliamento un pochino più rigoroso è caldamente consigliato.
Vacanze al caldo in inverno a Zanzibar: i pregiudizi pre-partenza.
Inizio col dire che ho deciso di andare a Zanzibar non perché sognassi le spiagge bianche e l’acqua turchese tipica della costa nord ed est dell’isola (ed infatti sono andata ad ovest), né perché fossi una fan sfegatata di Freddy Mercury, che è nato proprio qui da una famiglia indiana farsi, nel 1946.
Il mio desiderio di fare delle vacanze al caldo in inverno a Zanzibar non è legato a nessuna di queste cose, bensì al racconto di una ragazza conosciuta quest’estate in barca a vela: parlando di viaggi mi narrò anche delle sue vacanze al caldo in inverno a Zanzibar, conosciuta altrimenti come “isola delle spezie” (ne parlerò diffusamente nel prossimo articolo), di cui aveva ricordi bellissimi . A Zanzibar aveva soggiornato presso il fantastico Mangrove Lodge, che mi decantò in lungo e in largo.
Proprio il tipo di struttura di cui mi parlava, a gestione famigliare e molto lontana dal tipico resort tropicale, attirò la mia attenzione: avevo un po’ il pregiudizio che in un posto come Zanzibar l’unica possibilità di soggiorno fosse il villaggio vacanza, struttura che aborro (anche) perché legata a traumi di lavoro post-adolescenziale come animatrice, esperienza che ha sancito per sempre la mia repulsione per questo tipo di sistemazione, oltre che per i balli latino americani, il gioco aperitivo e la baby dance. Eh, gli errori di gioventù.
Scoprire invece l’esistenza di soluzioni di soggiorno alternative a Zanzibar, o meglio di un’alternativa che non dovevo neanche fare la fatica di cercare, ma mi veniva servita su un piatto d’argento, è stata un’illuminazione. Erano un po’ di anni che cullavo l’idea delle vacanze al caldo in inverno, per spezzare i mesi più freddi e riprendermi dallo stress del periodo natalizio. Per varie ragioni però non avevo mai approfondito il discorso né fatto una vera e propria ricerca. Ed ecco qua che la soluzione si presentava da sola.

L’assolata spiaggia di Paje, a sud-ovest di Zanzibar. La bellezza del posto è innegabile ma l’alta temperatura dell’acqua rende difficile godersi il bagno e nuotare.
La mia personale ragione per scegliere Zanzibar in inverno: il Mangrove Lodge.
Non ero quindi particolarmente affascinata da Zanzibar di per sé ma dal tipo di soggiorno di cui Giuliana mi aveva parlato. E non sono rimasta affatto delusa: la scelta del Mangrove Lodge ha fatto per me la differenza nella percezione globale della vacanza a Zanzibar. Questa struttura è una sorta di resort in miniatura costruito su una baia stupenda e immerso nella rigogliosa vegetazione tropicale dell’isola. Le stanze sono letteralmente parte di un giardino lussureggiante meraviglioso e il sito su cui sorge il lodge è anche di importanza storica: dalla sala ristorante si possono infatti vedere sul promontorio antistante i resti di alcune fortificazioni, ormai sommerse dalla vegetazione.
Il Mangrove Lodge si trova nel piccolo villaggio di Chuini, a circa 30 km dalla capitale Stone Town, sulla costa est di Unduia, la principale delle isole di Zanzibar, che in realtà è un arcipelago.
Per i miei standard, che sono quelli di chi soggiorna molto spesso in ostello o comunque in sistemazioni low budget, il Mangrove è quasi categoria lusso, ma decisamente non all’europea, né di quel lusso preconfezionato e standard dei resort o delle grandi catene alberghiere. Buona parte dello stile e degli arredi sono tipicamente zanzibarini con influenze anche da altri stati del continente africano.
Attenzione, non sto dicendo che è simile alle case degli zanzibarini. Decisamente no. Si tratta comunque di una struttura ricettiva turistica di alto livello pensata per standard occidentali.

L’area relax del Mangrove Lodge, con i suoi tipici arredi in legno in stile zanzibarino. Qui si può oziare ammirando il panorama e leggendo uno dei numerosi volumi a disposizione sugli scaffali in legno, lasciati dagli ospiti precedenti.
Ma il Mangrove è anche casa di Marina, Haji e dei loro quattro figli e molto di loro e della loro idea di turismo traspare dalle scelte che hanno fatto qui. Lei è milanese trapiantata a Zanzibar da più di dieci anni (e mi spiace moltissimo non aver avuto il tempo di farmi raccontare la sua storia approfonditamente), lui zanzibarino DOC, fluente in italiano, nato a Chuini, il piccolo villaggio vicino cui sorge la struttura. Altro rimpianto: non abbiamo fatto con lui un giro per il suo villaggio.
Avere due persone così, che anche in pochissimo tempo, 6 giorni appena, mi hanno aiutato ad “entrare” in quella che è la vita di un posto così lontano e diverso da quello a cui sono abituata, ma che l’Italia la conoscono molto bene e quindi possono essere quasi dei “mediatori culturali”, accelerando un processo di conoscenza e comprensione che altrimenti richiederebbe mesi o anni, ha fatto davvero la differenza.
Anche in questo caso attenzione, non sto dicendo che sia stato sufficiente a comprendere Zanzibar e i suoi abitanti. Ma ha sicuramente aiutato molto di più rispetto al soggiornare una settimana in un villaggio all-inclusive, mangiando pasta alla carbonara con in sottofondo “il coccodrillo come fa”.
So che per me almeno il 70% della soddisfazione legata a questo viaggio l’ha fatta la scelta del Mangrove Lodge (grazie ancora Giuliana per il consiglio!) con Marina, Haji, Cristina, un’amica italiana di Marina che in quei giorni era lì a dare una mano e tutto lo staff locale.

Le lente colazioni a base di frutta tropicale, pane chapati e yoghurt fresco sono una delle cose che mi mancano di più del Mangrove Lodge e delle mie vacanze al caldo in inverno a Zanzibar.
Esperienze che solo chi soggiorna al Mangrove può provare: la fiera di Stone Town.
Una delle esperienze fatte a Zanzibar che ricordo più vividamente, e difficilmente avrei potuto fare se avessi soggiornato altrove, è stata la fiera di Stone Town a cui ci ha portato una sera Marina con i suoi figli, la tutor dei ragazzi e qualche amico, in occasione delle celebrazioni per il 56°anno delle Rivoluzione di Zanzibar. E’ stata quanto di più lontano mi sarei aspettata da un evento del genere: non era “bella, finta e artistica” come se fosse stata progettata per i turisti (c’erano pressoché solo zanzibarini o persone provenienti da stati limitrofi in visita a parenti e amici per le celebrazioni di quei giorni), né un mercatino polveroso di manufatti in legno o pietra saponaria, gioielli in corno e batik, come da stereotipo di villaggio africano povero.
Si trattava invece di una baracconata kitsch un po’ anni ’80, molto ordinata nel suo insieme, con le file allineate di banchi tutti uguali, il parcheggiatore che dirigeva il traffico, il palco per gli spettacoli, la zona ristoro con varie soluzioni di street food, tavolate e sedie di plastica, tantissimi bambini e casino. Il tutto veramente, veramente kitsch. L’assortimento dei prodotti in vendita era poi assurdo. A mero titolo di esempio, ricordo:
- una specie di grosso aspirapolvere con una pedana vibrante su cui salire per avere un massaggio ai piedi.
- vari tizi che sponsorizzavano l’indistruttibilità dei loro schermi protettivi per i cellulari trapanandoli e martellandoli in una cacofonia estrema.
- venditori un po’ come quelli che ci sono anche da noi che cercano di dimostrare l’efficacia della loro mandolina di ultima generazione affettando enormi quantità di verdure e frutta.
Il tutto condito da musica latina e di dubbia provenienza in sottofondo (Despacito rules anche a Zanzibar, nonostante qualche anno di ritardo).
Era tutto esattamente come a molte delle sagre di paese a cui sono stata in Italia. Solo un po’ più kitsch.

Dopo aver girovagato ore per gli improbabili stand della fiera di Stone Town uno spuntino è stato il meritato premio.
Zanzibar, isola dai mille volti
Il punto però è che nessuno assocerebbe un’immagine di questo tipo a Zanzibar, eppure Zanzibar è anche questo, oltre alle spiagge incredibili, ai tour delle spezie, alla casa di Freddy Mercury e agli aperitivi al tramonto in qualche chiringuito con musica chill out e birra a fiumi, nonostante a Zanzibar, paese musulmano moderato, sia illegale bere alcolici. Per i turisti occidentali è tollerato, ma un locale rischia l’arresto.
Ho visto anche alcune delle cose più mainstream e più “Zanzibar” ai i nostri occhi da turisti, come quelle sopracitate. E sono bellissime eh, per carità, tranne l’aperitivo chill out sulla spiaggia, che sembrava di essere a Rimini, con una spiaggia più bella e più russi.
Ma sono solo una delle tante facce di Zanzibar ed è un peccato non provare a scoprirne anche qualcun’altra.
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