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San Lazzaro degli Armeni e San Servolo: nel cuore della laguna

4 Ottobre 2015 di Cristiana Pedrali Lascia un commento

Continuando la scoperta delle isole della Laguna veneta, ecco due isolette minori, ma che valgono senza dubbio un ‘escursione. Non fosse altro che da lì si gode una vista sullo skyline di Venezia incredibile e i rumori della città sono davvero distanti. Solo lo sciabordio delle onde e qualche gabbiano che lancia il suo grido.
Ah! I gabbiani a Venezia si chiamano “cocai”. A me sa un po’ di magico, non so bene perché.

San Lazzaro degli Armeni: ecco il padiglione che ha vinto il Leone d’Oro della Biennale

Su questa isoletta c’è il monastero mechitarista degli Armeni con i suoi 12 residenti, tra cui 4 giovani seminaristi e nulla più. O meglio, in questi giorni, durante la Biennale Arte Venezia 2105 ci sono anche alcune installazioni d’arte di artisti armeni sia dentro che fuori dal monastero.
Il Padiglione dell’Armenia ha vinto il Leone ‘Oro per la migliore partecipazione nazionale.
Mi sa un po’ di premio di consolazione, una sorta di premio per compensare il nostro silenzio, la nostra incapacità di affrontare tutto quello che non riusciamo più a vedere, che non ci fa più indignare che non riusciamo a accettare e a metabolizzare, cambiando un pò.
L’eccidio armeno c’è stato o no? Ne conosciamo la storia, l’origine, le modalità, la fine? Le vogliamo conoscere?
E qui avverti questa rimozione che operiamo tutti i giorni e non solo sull’Armenia e sulle sue vicende.
Non appena si sbarca, a destra, c’è quello che appare come un ammasso di forme grigie.
Scoprirò solo alla fine della visita guidata cosa sono quegli oggetti: un’installazione d’arte commissionata dalla città svizzera di Ginevra all’artista Melik Ohanian. La “Street lights of memory” doveva andare a Ginevra e invece, smontata, è qui e accoglie i visitatori dell’isola.
Quando Ohanian ha presentato l’opera Ginevra pare abbia tentennato e poi declinato. Il governo di Ankara aveva già fatto intendere che l’opera non era gradita e la città svizzera non voleva intervenire in una ferita ancora non sanata, forse ancora neppure “riaperta per essere pulita” come è quella della situazione dell’eccidio armeno del 1915.
L’arte vale più di mille attacchi, anche quando è a pezzi. Per fortuna c’è l’arte. Ma basterà?
La mia guida ci ha portato attraverso le sale del monastero e le diverse installazioni artistiche. Impossibile prescindere dalla storia del massacro e dall’evidente bisogno che c’è di parlarne, di fare chiarezza per superarlo e andare avanti.
Non pensate che la visita al monastero sia triste: è un po’ come la vita “né bella né brutta, ma solo originale” diceva Zeno Cosini ne “La coscienza di Zeno”.
Così alle opere bizzarre e spiazzanti, a cui la Biennale Arte Venezia 2015 mi ha ormai abituato, fanno da contraltare le vicende dei mechitaristi e del loro fondatore Mechitar (il Consolatore) che fugge da Costantinopoli, prima, e dal Peloponneso poi per arrivare a Venezia e a San Lazzaro, appunto, all’inizio del Settecento. Oppure la vicenda di George Lord Byron che si innamorò a tal punto dell’isola e del monastero da passare molti giorni qui, quasi 2 anni a dire il vero, e da voler iniziare a studiare l’armeno e scrivere un vocabolario inglese-armeno: opera ardua dato che gli Armeni hanno una lingua composta da 38 lettere. Non lo terminò.
O ancora la storia delle due biblioteche, perchè i melchitaristi sono degli avidi studiosi e appena arrivati a Venezia hanno ripreso immediatamente l’opera di stamperia che la fuga da Costantinopoli e dal Peloponneso aveva interrotto. Ma d’altrocanto, dove se non a Venezia tale arte poteva essere praticata? Qui c’erano stamperie a profusione e i libri “proibiti” gli stampatori di Venezia li stampavano e li distribuivano senza timore.
A San Lazzaro non era diverso: la mia guida mi racconta che all’apice dell’attività qui si stampavano libri in più di trenta lingue diverse.
Da non perdere anche la mummia di Nehmeketaton, il cui sarcofago dai colori solari fa bella mostra di sè al secondo piano; pare sia tra quelle meglio conservate in Europa.

San Servolo: là dove c’era un manicomio, oggi c’è un ‘università

A San Servolo c’era il “manicomio” di Venezia: lontano dagli occhi, lontano dal cuore.
Oggi è visitabile da maggio a settembre sempre e negli altri mesi su richiesta.
C’è anche la Venice International University, un centro di ricerca e formazione superiore creato da Università di tutto il mondo.
Passeggiare nei giardini attorno al corpo centrale, visitare alcune aree aperte in occasione della Biennale, precipita nella dimensione di un campus del New England: il parco è verde e curato, gli spazi per sedere vari e c’è persino un campo da tennis e un’area attrezzata per un barbecue.
Scopro persino un albero di Tasso enorme con delle bellissime bacche rosse, peccato siano estremamente velenose.
Fino a novembre, qui ci sono il Padiglione di Siria, di Cuba e del Kenya che però ha ritirato il suo “patrocinio”, pare in dissenso con le scelte del curatore dell’esposizione.
Alcune opere però restano e sono tra le più interessanti con la loro riflessione sull’identità e su come si forma: ci sono le enormi “maschere” tipiche della cultura africana, di Yvonne Apiyo Braendle-Amolo nata in Kenya e trasferita a Zurigo, un bel passaggio e una bella lotta quotidiana per mantenere la propria identità o farsi assorbire da quella nuova.
Mi piace molto la sua opera “Artistic asylum” e non poteva trovare migliore collocazione che qui, appunto nell’ex manicomio/asylum di Venezia: si tratta di una sorta di collage con 6 immagini di lei in cui il viso viene sostituito dalla bandiera di 6 nazioni diverse, ma la capigliatura afro resta.
“My roots are in Kenya” scive nella didascalia che accompagna il collage “but my heart is open to the world”.
E chi non lo vorrebbe un cuore aperto al mondo, oggi in cui quello che accade ci porta a chiuderci, a coltivare il nostro “orto”?

Sarà l’arte, saranno i destini di vite e di storie che qui si sono incrociate, sarà l’acqua e il suo rumore, ma tutte le volte che mi muovo in laguna, la mia mente si muove in egual misura e i pensieri corrono. Sarà un bene?

In breve:
Per arrivare a San Servolo e a San Lazzaro degli Armeni, prendete la motonave che parte da Zaccaria, davanti all’Hotel Danieli, zona Piazza San Marco.
Purtroppo il servizio motonave fino a San Lazzaro non è molto frequente e il monastero chiude comunque alle 18.
La soluzione migliore è quella delle 15.10 che consente di essere a San Lazzaro degli Armeni in tempo per prendere parte alla visita guidata delle 15.25
Biglietto accesso e visita guidata: € 6 per persona

Per San Servolo, complice probabilmente la presenza dell’Univerità, il servizio di motonave è più frequente.
Qui trovate gli orari in vigore dal 1 ottobre, ma effettuate sempre una verifica sul sito Actv
Museo del manicomio:
Biglietto € 6.50 – 4.50
Aperto da maggio a settembre, è visitabile previa prenotazione di una visita guidata anche negli altri mesi
Le visite sono disponibili sia in italiano che in inglese
Potete trovare più dettagli qui

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Categoria: ITALIA, Nord Tag: arte, mostre, Viaggi, Week end

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8 Dic 2019

Ever watched the dawn at #Bayonne #France?

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8 Dic 2019

#Bayonne in Francia ha albe magnifiche. Fa proprio venir voglia di un week end qui. Qualcuno ci è già stato?

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7 Dic 2019

The Church of Saint Nicholas in the heart of the small town of Hall in #Tyrol: a real gem for baroque lovers #OrgulloBarroco

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