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Una donna, una SUV e un off-road: io speriamo me la cavo

29 Ottobre 2018 di Cristiana Pedrali 5 commenti

Raramente faccio cose sulla scia dell’istinto e di solito sono le cose di cui meno mi pento, anzi sono di norma le cose a cui guardo con un pizzico di soddisfazione.
Dovrei, quindi, imparare a fidarmi di più di questo mio istinto, ma non mi viene proprio semplice.
Comunque, non perdiamo di vista il punto principale di questo post, ovvero come mi sono trovata a un off-road di una SUV con un team, anzi 3 team, di giornalisti iper professionisti e il team driving experience della Volkswagen a Marrakech, Marocco.

Domenica 20 ottobre sono tornata dal blogtour #wowmilano dove per 24 h intense avevamo parlato di arte, empowerment femminile, street art e di Milano e per quanto stanca, alle 22 ho preparato uno zaino con 2 cose e sono crollata a letto per ripartire alle 6 del mattino seguente verso l’aeroporto.

Ad essere proprio sincera, per qualche breve sprazzo di tempo, durante il blogtour, mi ero chiesta come me la sarei cavata all’off-road di lì a poco, ma in qualche modo mi sembrava che l’eventualità fosse ancora lontana, ancora così abbastanza lontana che avrei potuto pensarci e trovare una soluzione con calma, poi.

Le mura di Marrakesch e la catena dell'Atlante

Le mura attorno a Marrakesch con la catena dell’Atlante da sfondo, credit Ufficio Turismo Marocco

La realtà, invece, è diventata tragicomicamente vicina e concreta al brief del lunedì sera in hotel, a Marrakech: eccomi unica donna presente in sala, se si escludeva Heike, a sua volta unica donna del team driving experience di Volkswagen.
La differenza tra me e Heike: lei è del driving experience team di Volkswagen e io…beh, io non esattamente.
Io non sono mai stata parte di un driving experience team, raramente di un team, io ho sempre preferito “going solo” e avendo vissuto gli ultimi anni tra Venezia e Milano, diciamo che le mie abilità di guida si sono un po’ addormentate.

Se questi presupposti già non lasciavano presagire bene, il brief stesso non ha fatto che aumentare il senso tragicomico dell’intera vicenda: in uno stentoreo tedesco, nonostante la presenza di giornalisti italiani e spagnoli, l’itinerario dell’off-road è parso subito tutt’altro che uno scherzo.
Partenza da Marrakech e arrivo a 2.600 metri a Oukaimeden, la più nota stazione sciistica dal Marocco (sì, si scia in Marocco). Da lì, via in off-road verso Tahannaout, al retreat di Mr. Virgin, Sir Richard Branson e poi di ritorno a Marrakech.

Dopo cena sono andata a dormire con un solo pensiero: “io, speriamo me la cavo”.

Le Touareg Suv lungo la strada off-road

Il convoglio di SUV Touareg durante l’off-road a Marrakech, credits Volkswagen

Da Marrakeck al tetto dell’Africa Settentrionale

Così la mattina seguente siamo partiti da Marrakech in una lunga e sinuosa carovana di SUV Touareg.
La SUV Touareg è iper automatizzata e mancava poco che mi leggesse i pensieri e dicesse “Comunque si vede che sei terrorizzata all’idea che dovrai guidarmi, ciccia!”.
Ed era proprio così: la mia preghiera silenziosa era che il collega del noto settimanale volesse fare il “solito maschio” che non molla il volante. Poche volte nella vita credo di aver desiderato che gli stereotipi di genere si concretizzassero e restassero ben saldi.
A onor del vero, la strada che Marrakech porta a sud era uno spettacolo in sé e i grandi finestrini e il tetto panoramico della Touareg permettevano di godere della sfilza di botteghe e piccoli villaggi che apparivano quasi all’improvviso: mucchi di tajine colorate, tappeti, oggetti in cuoio, fabbri e macellai, ma anche meccanici tutto e tutti che lavoravano o sono “esposti” lungo la strada in una fantasmagoria di colori, forme, suoni.
Potevo io perdermi tutto ciò per concentrarmi sulla guida? Certo che no, ne dovrete ben convenire.

Quando abbiamo iniziato a salire in quota, salita che il sistema dell’auto ha immediatamente preso a registrare e segnalare nel cockpit (io l’ho sempre chiamato cruscotto, ma ai miei tempi c’erano giusto 3 “misuratori”, oggi è come avere il display dell’iphone con mille e una funzionalità), il paesaggio è diventato mozzafiato; a quel punto, lo ammetto, ho anche iniziato ad avvertire un sottile desiderio di guidare la Touareg, di assecondare le curve, di sentire quasi il corpo che si adegua al percorso, ma l’ho messo subito a tacere immaginando la seguente scena: io che faccio fermare il convoglio per cambiare di posto e mettermi a guidare a passo di lumaca. Per diventare lo zimbello internazionale della driving experience c’era ancora tutta la giornata.

Un villaggio berbero nell'Atlante in Marocco

I villaggi lungo le strade impolverate della catena dell’Atlante, credit Ufficio Turismo Marocco

Arrivare a Oukaimeden e aver capito che ancora una volta l’istinto mi aveva guidato bene trascinandomi in questo off-road è stato tutt’uno: un villaggio in terra rossa alle spalle, un prato verde smeraldo con qualche pecora al pascolo ed un pastore dalla pelle cotta dal sole, evidentemente disturbato da noi e, soprattutto, il Jbel Toukbal davanti a noi, con la neve.
Il Jbel Toukbal è il picco più alto della catena dell’Atlante in Marocco: arriva a 4.167 metri e là sopra la neve non si scioglie mai, effetto serra permettendo.

Lì lo stereotipo di genere è affiorato, infine: tutti a provare le performance dell’auto salendo pendenze più o meno ripide, ripetendo un circuito più volte e con diversi assetti e varianti.
Anche io ho fatto, finalmente, la mia parte supportata brillantemente dal collega che ripeteva “tu vai piano e segui il terreno, poi l’auto fa tutto. Ti accorgi da sola se devi dare gas o no”. Sant’uomo!

Fatto un giro, ho posteggiato (ebbene sì, la parte più temuta da ogni donna, posteggiare di fronte a un uomo, figuriamoci davanti a une quindicina di uomini tutti provetti driver) e ho fatto quello che volevo fare da un bel po’: passeggiata a ritroso fino al villaggio, foto alle pecore e al pastore che, nel frattempo, si era allontanato, foto al villaggio e profondi respiri sul tetto dell’Africa del Nord: quando mi ricapiterà?

Soffro di vertigine. Ah, anche tu?

Uno dei motivi per cui, più volte, ho messo a tacere il desiderio di guidare più a lungo la Touareg è che ho iniziato a soffrire di vertigini in modo più intenso di un tempo. Diciamo che le soffro anche per procura, tipo al cinema.
Ora, le immagini che ci avevano mostrato durante il brief lasciavano trasparire strade senza parapetto e, in qualche tratto, a piombo sul fondo valle, quindi non esattamente una passeggiata.
E, come dicevo, il brief non era stato una mera operazione di marketing o “terrorismo psicologico” per elettrizzare gli animi: abbiamo iniziato a scendere dai 2.600 metri, ma non lungo la strada fatta all’arrivo: sarebbe stato troppo scontato!
Eccoci su una nuova strada rossa e polverosa scendere a zig zag tra sparute case di villaggi berberi con bimbi e persone che, per qualche strana ragione, avevano deciso fosse fondamentale attraversare la strada proprio nel momento in cui le auto del convoglio passavano. Le strane coincidenze della vita, no?

Le strade sterrate dell'off-road Touareg

Soffri di vertigini? Anche io: il team perfetto per guidare in off-road, no? Foto Volkswagen mentre io cercavo di guardare il cielo

Ad un certo punto, mi sono sentita in obbligo di spiegare al mio provetto collega driver che avrei voluto davvero dargli il cambio, ma con l’età soffrivo di più di vertigini e preferivo non metterlo in pericolo.
“Anche io soffro di vertigini” mi dice di rimando. Il team di guida in off-road perfetto.
Vertigini a parte, non credo di riuscire a raccontare a parole pienamente il contrasto quasi doloroso nella sua purezza tra il blu del cielo, il verde della natura e il rosso della terra o le forme curve dei tronchi piegati dal vento o, ancora, i visi di pietra degli uomini e delle donne incontrate lungo la strada come pure l’andamento ridicolo, a piccoli balzelli scanzonati, dei muli che scendevano di fianco a noi con le schiene ingombre di erba tagliata, ramoscelli e chissà cos’altro.

Come fai a guidare un ‘auto automatica? Dov’è il piacere di cambiare le marce?

Uno degli highlight dell’off-road è stato l’off-road park lungo il percorso del ritorno: trattavasi, per la verità, di un immenso prato con terreno sconnesso, un paio di ruscelli con pietre sporgenti e una leggera collinetta che serve ai locali per le pecore, ma nulla toglieva che potesse essere un off-road park per le SUV.
Anche lì, in situazione quasi protetta, ho preso il volante e scoperto che…su un ‘auto automatica non usi i due piedi, ma uno solo e il piede sinistro se ne sta, lo scansafatiche, comodamente appoggiato.
Una volta svelato questo mistero, grazie copilota, le mie frenate sono state più morbide e meno improvvise.
Resto comunque perplessa sul non poter cambiare le marce; mi pare un grande handicap non poter decidere che marcia ingranare e che decida tutto l’auto.
A quel punto, lo ammetto, la voglia di guidare sul serio su strada è diventata abbastanza irrefrenabile e per qualche minuto ho accarezzato l’idea di riportare l’auto in hotel, ma l’istinto mi ha di nuovo salvata: dopo 6 ore su e giù dal tetto dell’Africa e tra i villaggi berberi, i miei colleghi ormai padroneggiavano perfettamente l’auto e il ritorno è stato all’insegna del “adesso che ti conosco, cara Touareg, vediamo cosa fai sul serio” mentre io ero nella fase “godiamoci la guida, la strada liscia, la piana attorno a Marrakech”: insomma uno stile di guida un po’ troppo rilassato per i miei colleghi.

La piazza Jamaa El Fnaa a Marrakeck

La sera dell’off-road mi hanno portata a Jemaa el Fna, la piazza più grande e caotica di Marrakeck. Ma dopo l’off-road neppure il caos della piazza poteva toccarmi. Foto dell’Ufficio Turismo Marocco

Ma quando si parte per il prossimo off-road?

Così è andato il mio primo off-road.
Salvata da un misericordioso collega e molto incuriosita da questa novità dell’auto automatica che si lascia guidare, ma non mi lascia guidare.
Prossimo passo? Non scherzate, ma favoleggio che una casa automobilistica decida di fare un off-road con solo donne.
Non la Tatiana Calderon della situazione (pilota che corre con il team Sauber in F1), ma donne come me che sono, secondo le indagini Doxa, passive funzionali e guidano l’auto per andare da A a B.
Così, per farci provare l’ebrezza della guida e soprattutto perché, care case automobilistiche, in famiglia la scelta dell’auto passa anche da noi.
E poi, se la Cadillac lo ha fatto con la community Girlboss di Sophia Amoruso, un week end di auto e donne, perché non farlo anche qui? Chi viene con me (ma stavolta, please niente vertigini, ok?)?

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tramonto sulla spiaggia della costa ovest di ZanzibarVacanze al caldo in inverno: perché scegliere Zanzibar, davvero.

Categoria: Africa Tag: Viaggi

Comments

  1. Antonella dice

    29 Ottobre 2018 at 8:38 pm

    Vengo io….. sono molto invidiosa. Sei una grande…..ma questo lo sapevo gia

    Rispondi
  2. Paola dice

    30 Ottobre 2018 at 12:11 am

    Bello Cri! L’offroad apre le porte a luoghi esclusivi per pochi intimi e te ne hai avuto un bellissimo assaggio!

    p.s. quando penso al Toubkal, a Oukaimeden o insomma la montagna e lo sci in Marocco…io penso solo ad Albertville ’92: cerca “Gialappa’s Band – Lo sciatore Marocchino”

    Rispondi
    • Cristiana Pedrali dice

      30 Ottobre 2018 at 10:50 pm

      Paola,
      ho paura a guardare, non è che mi fai perdere la poesia del “tetto dell’Africa”, vero?

      Rispondi
  3. Anna dice

    30 Ottobre 2018 at 7:58 am

    Fantastico racconto Cristiana… e tanta ammirazione, con un pizzico di invidia. Beh.. pizzicone, dai! 😉

    Rispondi
    • Cristiana Pedrali dice

      30 Ottobre 2018 at 10:49 pm

      Grazie Anna, quindi appena troviamo una casa automobilistica che ci organizza un off-road, ti conteggio?

      Rispondi

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8 Dic 2019

Ever watched the dawn at #Bayonne #France?

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8 Dic 2019

#Bayonne in Francia ha albe magnifiche. Fa proprio venir voglia di un week end qui. Qualcuno ci è già stato?

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7 Dic 2019

The Church of Saint Nicholas in the heart of the small town of Hall in #Tyrol: a real gem for baroque lovers #OrgulloBarroco

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