Ho avuto la fortuna di andare in Islanda a fine gennaio. Anche se l’enorme crescita turistica che vede protagonista questo Paese spesso si concentra nei meno rigidi mesi estivi, io ho volutamente preferito il periodo invernale, decisamente più ostile: in più occasioni ho visto scendere la temperatura ben sotto i meno 20 gradi.
Fortunatamente, a differenza di altri viaggi in cui ero partita un po’ “all’arrembaggio”, questa volta avevo fatto un cospicuo investimento pre-partenza in abbigliamento tecnico invernale, che è stato essenziale.
Nonostante maglia intima e calzamaglia termica isolante, e un fantastico micro piumino in leggerissimo materiale sintetico indossato sotto la giacca a vento, il freddo l’ho patito comunque e ho anche rischiato più volte di perdere le dita di una mano nel tentativo di fare una fotografia su qualche promontorio battuto dal vento gelido, ma non mi sono pentita per un solo secondo di aver scelto l’Islanda in inverno.

Il fiordo di Hvalfjordur, poco distante da Reykjavik, nella luce calda e avvolgente del tramonto islandese invernale.
Sorvolando la terra di ghiaccio
L’Islanda d’inverno per me è stata una vera e propria rivelazione: la scoperta di qualcosa di incredibilmente affascinante e diverso da quanto visto finora, già dal primo momento in cui la sua sagoma è comparsa all’orizzonte, una macchia di un bianco accecante, decisamente estraniante, in mezzo al blu profondo dell’Oceano Atlantico Settentrionale.
Sorvolarla in aereo prima di atterrare a Reykjavik è stato quasi surreale.
Man mano che ci si avvicina a terra, cominciano a distinguersi alcune tracce umane sparse qua e là.
La parte sud-occidentale che si sorvola prima di atterrare non è particolarmente abitata, pertanto il colpo d’occhio è una distesa bianca, morbida e irregolare, a perdita d’occhio, intervallata qua e là da monti e racchiusa dalle coste.
Se potete prenotate un posto vicino al finestrino perché lo spettacolo delle lande islandesi coperte di ghiaccio merita davvero di essere ammirato in prima fila.

La cartolina che da gennaio decora le piastrelle della mia cucina, a ricordarmi le sensazioni provate sull’aereo alla vista della bianca distesa islandese sotto di me.
Scoprendo la terra della luce
La caratteristica che mi ha più colpito e con cui l’Islanda mi ha ampiamente ripagato della fatica di sopravvivere a un clima così rigido e inospitale è stata sicuramente la sua luce.
Ovviamente non si tratta di una luce vivida e abbacinante come chessò la luce di Cuba, quella luce che t’investe e ti fa strizzare gli occhi, rendendo tutto quello che ti circonda un carnevale in technicolor.
Qui si tratta di qualcosa di differente, intenso ma in un modo diverso, più cangiante e mutevole.
Innanzi tutto l’alba arriva molto tardi a fine gennaio, alle 8 di mattina comincia a rischiarare e il sole sorge solo verso le 9,30.
Questo permette anche a chi non è mattiniero come me di ammirare uno spettacolo incredibile: questa lastra bianca e immobile raccoglie piano piano la soffusa e morbida luce mattutina e si colora di varie sfumature di rosa, ovattate, dolci, suadenti.
Trascorrete qualche notte in una guesthouse sperduta nella campagna islandese come ho avuto la fortuna di fare io ( la mia era la Guesthouse Milli Vina a 20 minuti di macchina da Borgarnes) questo vi permetterà non solo di avere la chance incredibile di vedere più nitidamente l’aurora boreale, ma anche di ammirare l’immenso spazio bianco vuoto intorno a voi risvegliarsi dalla notte e prendere piano piano colore.
Verso mezzogiorno il sole raggiunge il suo punto più alto nel cielo. Ed è davvero strano, perché non è alto per niente e soprattutto non è dove ti aspetteresti che sia, ovvero perpendicolare al suolo, ma piuttosto a 75 gradi sull’orizzonte, anche se sono già le 13.
E mentre voi state addentando l’ultimo morso del sandwich al salmone marinato con cui avete fatto pranzo, vi accorgete che non solo il sole non sale più, ma anzi che piano piano sta già calando.

Il grigio soffuso che si fonde con il rosa dell’alba di fronte alla Guesthouse Milli Vina, in una freddissima mattina di fine gennaio.
I colori del tramonto
L’indubbio vantaggio è che in Islanda la Golden Hour dura quasi tutto il pomeriggio: il sole, non salendo mai oltre un certo punto dell’orizzonte e restandovi a mezz’asta, avvolge tutto l’ambiente intorno di quel calore e colore tipico dell’ora prima del tramonto, così utile per fare foto suggestive.
L’impressione anche in questo caso è un po’ estraniante, ammetto.
Il tramonto però non arriva presto (quanto temevo), c’è tutto il tempo di godere della bellezza intorno e verso le 17 prepararsi per il culmine di intensità e colori, un’esplosione di rosa, rossi e arancioni, che si riflettono su un cielo e un mare di intensità notevole, con tutto il bianco intorno ad amplificare ancora di più la varietà cromatica. Ricordo molto vividamente, forse perché ero appena arrivata e non ero ancora avvezza a tanta bellezza, le prime ore dopo l’atterraggio, a zonzo con la macchina appena noleggiata per la penisola a sud di Reykjavik, nel mio primo pomeriggio islandese, a stupirmi per questi paesaggi innevati e baciati dal sole con contorno di fumi provenienti da una delle tante sorgenti geotermali dell’isola.
In Islanda a gennaio dopo le 17,30 comincia a fare buio e alle 19 è notte.
Considerato che siamo nel pieno dell’inverno, a due passi dal Circolo Polare Artico, non è male: le ore di luce non sono poche e la bellezza e la poesia di quelle che ci si può godere ripagano sia del freddo che della lunga notte che attende.

Penisola di Reykjanes all’ora del tramonto, con le esalazioni geotermali che creano suggestive forme nel cielo, e l’ultimo sole che riflette i suoi colori sul suolo innevato.
L’ Aurora Boreale sognata (o forse no?)
Se si è fortunati poi anche di notte si può godere di uno spettacolo di luce impagabile: l’aurora boreale. Questo fenomeno, tipico delle latitudini nordiche, è provocato dall’interazione del vento solare, un flusso di particelle provenienti dal sole, con il campo magnetico terrestre: il risultato sono delle eteree velature di luce verde, bianca, violetta o rossa, che danno l’impressione (e non è solo un’impressione!) di cambiare continuamente forma e quasi danzare nel cielo.
A partire da fine settembre e fino alla metà di aprile, il fenomeno dell’aurora boreale non è così raro ma neppure così garantito.
Spesso le scie di luce risultano più vivide in fotografia che ad occhio nudo (e a tale proposito ricordatevi che i tempi di esposizione lunghi permettono di registrarle meglio).
Vi devo confessare comunque che, nonostante l’emozione di vederla già la prima sera dal cortile della nostra fattoria nelle campagne di Bogarnes, dal mio punto di vista l’aurora boreale non riesce assolutamente a competere con la calma avvolgente e morbida della luce islandese dalle mille sfumature del giorno.
Complimenti per l’articolo. Descrivere la luce invernale Islandese non é per nulla facile, ma … ci sei riuscita molto bene!
L’Islanda è fondamentalmente luce.
Grazie mille anche per aver citato la nostra Guesthouse. Felici che ti sia piaciuta.
Un forte abbraccio. Cinzia e Virginio
Grazie mille Cinzia e Virginio! Oh si, ho un ricordo bellissimo di Milli Vina e dell’Islanda tutta! Spero di tornarci presto, magari in esatate…un abbraccio a voi!