A Palazzo Ducale a Venezia c’è la mostra “Henri Rousseau. Il Candore arcaico” fino al 5 Luglio.
Mi piace lo stile infantile di Henri Rousseau, lo sento meno irragiungibile dei rinascimentalisti italiani tutti presi dai loro studi sulle prospettive o dai surrealisti francesi concentrati ad andare sempre “sopra”, oltre la realtà.
Insomma, mi sentivo vicina al pittore che faceva il doganiere (primo errore, in realtà lavorava al Dazio e non alla Dogana vengo informata dall’audioguida) e che dipingeva perchè gli piaceva e lo faceva stare bene, ma senza grandi risultati e riconoscimenti (secondo errore, sempre la voce dell’audioguida snocciola acquirenti famosi delle opere e incoraggiamenti da parte di artisti già acclamati)
Però almeno un’idea che avevo su Henri viene risparmiata dall’impietosa falce dell’audiogiuda: Rousseau inizia a dedicarsi seriamente alla pittura nella sua seconda vita.
Fino a 45 anni lavora al Dazio, si sposa, fa sette figli.
Poi va in pensione e inizia a dipingere in modo serio e costante: è autodidatta, il Louvre gli riconosce l’autorizzazione a frequentarne le sale per copiare i capolavori lì esposti, dipinge all’aria aperta o in studio.
Ma è un ‘autodidatta che, appunto, viene incoraggiato a proseguire nella sua attività nonostante, anzi proprio in forza del suo stile “arcaico”.
Però ci rimango male quando scopro che:
- non disegnava così perchè sapeva solo fare così (insomma non è un “divesamente abile del disegno”, mettiamola così) ma sceglie espressamente questa tecnica. Insomma, io e lui non siamo anime affini o meglio “pasticcioni solidali”.
- Henri non era esattamente un outsider deriso dagli ambienti artistici del suo tempo. Niente a che fare con il povero Vincent che non ha venduto neppure un quadro nella sua esistenza né con il nostro Ligabue.
- Henri venne subito incoraggiato, proprio in virtù di quel suo stile arcaico, da Jean-Léon Gerome, pittore acclamato della fine Ottocento e i suoi quadri furono acquistati, tra gli altri, dal buon Pablo Picasso (Les souverains, in cui c’è pure, piccolo piccolo, il nostro Vittorio Emanuele II), da Vassily Kandinsky e addirittura commissionati, come la bellissima “La Chanteuse des serpents” in cui c’è una figura femminile dalla pelle d’ebano ma dagli occhi da fiera che incanta i serpenti, novella Eva vincitrice dei serpenti, questa volta.
- E se io sono cresciuta identificandolo come il pittore “bizzarro” della natura, quello che sapeva dipingere cinquanta tipi diversi di foglie in un quadro, ora scopro che sì, era affascinato dalla natura, che passeggiando nei boschi gli sembrava di entrare nel reame della magia e che pensava, con una gioia infantile che, tutto, il sole, gli alberi , tutto alla fine era suo, ma che lo ammaliavano altrettanto le innovazioni tecnologiche. Insomma altro che “buon selvaggio” dell’omonimo J.J Rousseau.
E così ai cavalli bianchi assaliti da felini e alle scimmie si affiancano quadri in cui compaiono dirigibili (“Quai d’Ivry”), mongolfiere (“Autoritratto- paesaggio”) e strane macchine volanti, molto simili ai disegni di Leonardo da Vinci (“Les pecheurs à la ligne”)
Perde un pò della sua simpatia, il buon Henri.
Ma è di fronte a “Autoritratto-paesaggio” che mi turbo e mi indigno un pò: non solo perchè si ritrae a figura intera, posa riservata alle figure più importanti, segno che il pittore era tutt’altro che quell’anima umile e riservata che io mi ero immaginata, ma anche perchè, mi sussurra malignamente la voce dell’audioguida, il nostro dipinge due nomi sulla tavolozza dei colori con cui si è ritratto: Clémente, la prima moglie morta di tubercolosi, e Joséphine, la seconda che sposa molti anni dopo quest’opera. E il cui nome aggiunge sovrapponendolo a un altro che era lì, precedentemente. Insomma, l’uomo è volubile, altro che la “donna è mobile qual piuma al vento”. Un pò come Raffaello che cancella la fede dal dito della “Fornarina”, amata ma poi dimenticata.
In definitiva, sono andata a Palazzo Ducale per incontrare un bambino ritroso, geniale e candido.
Ne sono uscita con l’idea di un uomo con una bella autostima, curioso, inserito nel suo mondo.
Insomma, un pò più “preparata” sulla pittura e sull’uomo Henri Rousseau ma anche un pò privata della mia idea del pittore bambino timido. Sarà un bene?
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