Giotto.
Ma Giotto chi?
Giotto quello che disegnava cerchi e pecore, direte voi.
E invece no, vi dico io.
Quello che ho appena visto in mostra a Palazzo Reale è il Giotto dei colori, avete visto il blu dell’immagine di copertina? Ecco, proprio quello lì.
E’ anche il Giotto astro della pittura che si muove tra Firenze, sua patria, Roma, Napoli, Padova e persino a Milano perché Giotto era bravo, un talento già riconosciuto dai suoi contemporanei e le committenze fioccavano.
Io l’ho scoperto, questo Giotto, grazie a Simona, un’esperta d’arte che ha guidato me e un gruppo di masterizzande del corso in coach dell’Accademia della Felicità lo scorso sabato. Perché la felicità, con la “f” maiuscola o minuscola, è fatta anche di momenti intensi come questi. Ma questo è un altro tema.
Ecco le cinque cose che grazie a Simona e alla mostra mi porto via e mi illuminano tutt’ora:
Giotto e i falsi miti
Avete presente l’immagine sulla scatola dei pennarelli Giotto con il ragazzino vestito succintamente di tunica blu che disegna un cerchio sulla pietra mentre una pecora è accovacciata ai suoi piedi? Come dicono gli americani “Forget about it!”
Altro che tunichetta mezza “sbrindellata” e altro che pecorella da custodire quale povero garzoncello: il nostro Giotto era figlio di un fabbro non ricchissimo ma benestante che iscrisse il figlio all’arte della lana (corporazione di mestiere medievale) per dargli un ‘identità professionale e Giotto durante la sua vita divenne un ricco possidente tanto da poter acquistare vasti terreni nel Mugello. Poi c’è qualcuno che continua a sostenere che “con l’arte non si mangia”. Sarà?!
Fatta piazza pulita di miti e chiacchiere, procediamo spediti alla scoperta di Giotto
I “firmato Giotto” sono i più dubbi
Ebbene sì, Angiolo, o Angiolotto di Bondone, si mette a firmare le sue opere quando ormai è un “pezzo da novanta” e ha una sua bottega a Firenze. Così che quando un pezzo è firmato, gli studiosi sono sempre incerti nel definire lo stesso come “opera di Giotto” perché la linea di demarcazione tra l’opera del maestro e quella di suoi allievi e piccoli di bottega diviene più sottile, quasi impercettibile: cosa ha fatto lui e cosa loro?
Tolte di mezzo le certezze, come nella vita d’altro canto, conviene godere della bellezza e “carpe diem” perchè la mostra il 10 gennaio 2016 chiude.
Giotto tra affreschi e tavole
La mostra di Milano espone soprattutto tavole e polittici, dato che spostare gli affreschi non è poi così facile.
Si passa da una Madonna ieratica e bizantina, sia per iconografia che per tecnica usata, a polittici più strutturati e complessi con più figure, elementi architettonici (colonne, archi, etc), come nel “Polittico Stefaneschi” che esce per la prima volta dai Musei Vaticani.
Di quest’opera sappiamo che costò al committente, il potente Cardinale Stefaneschi, 800 fiorini d’oro e che il committente ci si fece ritrarre sia sul fronte che sul retro, sebbene su quest’ultimo, sicuramente per British understatement, scelga di farsi ritrarre a capo scoperto (attenti al cappello cardinalizio davanti al cardinale supplice, sul tappeto policromo, se non guardate bene correte il rischio di perdervelo). Si sa mai che si possa peccare di presenzialismo.
Nella parte centrale, sul retro, un Cristo benedicente enorme con un manto azzurro tra la decollazione di San Paolo e la Crocefissione a testa in giù di San Pietro.
Innovare, innovare e ancora innovare
Dalle prime tavole con forte impianto bizantino agli ultimi polittici in cui le figure sono più libere nello spazio, Giotto non smette mai di innovare, di fare prove, di cambiare e di evolversi e far evolvere con lui l’arte italiana e non solo.
Lui che viene chiamato dai potenti di tutta la penisola, lui che ha una sua bottega e che guadagna bene (vedi il punto 1), non si ferma mai.
Prima si impadronisce dello stile bizantino, poi vira verso il gotico e da lì balza sulla prospettiva e apre al Rinascimento: un vero spirito libero.
Giotto e i colori (ma anche la moda)
L’ho già accennato e ora mi dilungo con piacere: i colori.
Nel “Polittico di Santa Reparata” i colori brillanti e intensi rapiscono.
C’è una Santa Reparata con una veste e un manto davvero notevoli, non solo per i colori, ma per la scelta dell’accostamento cromatico: la veste della santa è un rosso intenso, un bordeaux cupo, il suo mantello, invece, è rosso rubino. Cozza? Per nulla, perché Giotto fa l’interno del mantello grigio verde. L’armonia dei tre colori lascia sbalorditi.
Non passa inosservata, nello stesso polittico, una Maddalena coperta solo dalla sua chioma bronzo dorata: il contrasto tra l’alabastro del corpo e il caldo bronzo dei capelli lascia abbagliati, o per lo meno ha lasciato me abbagliata.
Se poi l’abito blu del “Polittico Stefaneschi” appariva già come l’apice della maestria cromatica sul tono blu, a farvi ricredere sarà l’elegante “Polittico Baroncelli” che faceva bella mostra di sé nell’omonima Cappella a Santa Croce a Firenze.
Al centro cappeggia “L’Incoronazione della Vergine” e tutt’attorno schiere di santi sia dalla lunga tradizione che “freschi” di nomina, come Santa Reparata, San Francesco o Santa Elisabetta d’Ungheria.
Proprio per lei e per la Madonna, e per qualche altra nobildonna assurta agli onori della santità, Giotto sceglie la nuova moda e il viso è incorniciato da un “soggolo” candido che fasciando la testa e il viso, lo rende elegante, come tutta la figura, d’altro canto.
Ma è Simona che mi aiuta a non perdere un’altra chicca modaiola del 1300: il Cristo che incorona la Vergine ha una veste con maniche che si allargano sul finale, a campana.
Innegabilmente la moda del Trecento tende a esaltare l’eleganza della figura e Giotto non è estraneo a questi cambi e ce li racconta.
Non male per il ragazzino che pensavamo disegnasse cerchi perfetti sulle pietre, vestito di una tunichetta, mentre pascolava le greggi.
Info
Mostra Giotto L’Italia
Aperta fino al 10 gennaio 2016
lunedì: 14.30-19.30
martedì, mercoledì, venerdì e domenica: 9.30-19.30
giovedì e sabato: 9.30-22.30
Biglietto da €6 a €12
La pigrona che è in me non avrebbe mai scritto così bene la nostra chiacchierata “giottesca”… Complimenti a te e a presto!
Non vedo l’ora di lasciarmi incantare da altri racconti fatati sulla nostra storia dell’arte