Conegliano è piccola, piccola e raccolta.
Mentre passeggiavo per le sue strade avevo l’impressione di essere sospesa a metà strada tra un villaggio di inizio Rinascimento e un paese del ricco Veneto che produce e che tira la locomotiva del boom economico italiano anni ’60: bel mix, non credete?
Sulla “strada granda”, l’attuale Via XX Settembre, si affacciano alcuni tra i palazzi più antichi e gloriosi di Conegliano: su alcune pareti, molte a dire il vero, si ammirano disegni eleganti di dame, cavalieri, vegetazione e stemmi ormai sfocati a causa della polvere del tempo e dello smog, temo.
Ciò non toglie che chiudere gli occhi e sentire il rumore degli zoccoli dei cavalli di qualche nobile cavaliere o lo stridore delle ruote dei carri di qualche mercante sul selciato è tutt’uno.
Mi chiedo se ammirando “Adamo e Eva” sulla parete di quel palazzo a destra qualche cavaliere non abbia scorto il viso di una fanciulla del villaggio e se ne sia invaghito. Chissà!
Meglio non stare troppo, però, con lo sguardo in alto e persi in fantasticherie. Il clacson di una “carrozza moderna” mi riporta alla realtà: qua siamo nel Veneto dinamico che non si ferma a fantasticare, neppure se è sabato.
Io continuo il mio giretto da moderna flaneur e arrivo a Palazzo Sarcinelli, mèta del mio vagare, per godermi la mostra dedicata a
Vittore Carpaccio.
La mostra di Vittore Carpaccio: draghi e Periscope
La mostra è davvero piccina, non ci sono audioguide e, pecca delle pecche secondo me, passata la porta a vetri automatica: no foto, no video, no social.
Volevo mostrare via Periscope qualche immagine, un po’ per virtualmente ringraziare quella ragazza americana che mi aveva consentito di fare un giro via Periscope, appunto, alla National Gallery di Washington, ma niente da fare. Però “San Giorgio e il Drago” con quei truculenti tronconi ai piedi del mostro e quel San Giorgio così leggiadro avrebbero fatto registrare dei bei cuori (il corrispettivo dei “Like” di Facebook)
Salire alla Rocca di Conegliano
Se dalla piazza principale si sale seguendo l’indicazione “Castello” si precipita davvero nel Rinascimento, forse anche nel tardo Medioevo.
Che dire dal porticato a arco acuto su cui si aprono trattorie e botteghe?
Io mi sono inerpicata fino a raggiungere la Calle della Madonna della Neve: grossi ciotoli tondi e ciuffi di erbetta verde ribelle e si sale.
A sinistra si stagliano delle possenti mura che diventano via via sempre più spesse: sono le mura che i Carraresi, potente famiglia di Padova, fece edificare quando regnava sopra Conegliano.
Sul percorso c’è anche una piccola chiesetta dedicata alla “Madonna delle neve”: è aperta solo la domenica pomeriggio dalle 14 alle 16 e io sono arrivata di sabato. Quindi, tocca continuare a salire e far lavorare i muscoli posteriori.
In cima ecco le mura e le torri attorno al Castello, la Rocca.
Nella Rocca c’è ora un museo.
Attorno c’è un bel giardino e seppure il sole non splenda basta un rettangolo verde, l’assenza di auto e i piccoli si scatenano rincorrendosi e cadendo contenti.
Il panorama, dal lato della città, è una distesa di costruzioni: piccoli capannoni, condomini, villette.
Ecco di nuovo quella sensazione di essere in un film del Neorealismo italiano, tipo “Signore e Signori”.
Però al bar della Rocca fanno delle fragole con panna che riconciliano con il mondo. Altamente consigliato.
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